Avere successo all’università – Parte 1 (di 5)
Avere successo all’università (Parte I)
Variabili socio-cognitive implicate nello studio accademico.
A cura della Dott.ssa Marta Pecchi
Studiare all’università con successo richiede il saper affrontare adeguatamente delle richieste di apprendimento molto complesse, entro un contesto in cui mancano occasioni quotidiane di confronto circa l’efficacia e in cui la bontà della propria preparazione e la gestione di tempi, spazi e contenuti è demandata completamente alla responsabilità del singolo.
Il rapporto con forme di docenza diversificate e la varietà di richieste di apprendimento e verifica sono tipiche dell’ambiente universitario e comportano un adeguamento mentale non indifferente (Giusberti, 1999). Allo studente sono richieste abilità di pianificazione ed organizzazione in funzione di scopi, programmi e grandi quantità di materiale da studiare e memorizzare (Cornoldi 1995; Legrenzi, 1994); la natura delle prove, spesso differite nel tempo, è una possibile fonte di insuccesso e frustrazione, implicando il possesso di alte capacità di autocontrollo tali da gestire ansia e stati di demotivazione. I dati raccolti dal Servizio di Assistenza Psicologica per studenti- Sezione Difficoltà di Studio e Apprendimento (SAP-DSA) dell’Università di Padova testimoniano che la richiesta più frequente tra gli studenti che si rivolgono al servizio riguarda le difficoltà legate alla propria attività di studio.
Studiare all’università è dunque un compito che richiede la maturazione ed il possesso di una serie di complesse abilità: un’adeguata capacità di comprensione e lettura di un testo affiancata da un approccio allo studio flessibile e conveniente, una certa competenza strategica, un’elevata capacità metacognitiva (autovalutazione e autoregolazione), obiettivi di prestazione, una forte motivazione e vissuto di soddisfazione, convinzioni e abitudini funzionali allo studio, una sufficiente capacità di gestione dell’ansia e alta percezione di autoefficacia. Negli articoli successivi verranno prese singolarmente in considerazione le diverse variabili socio-cognitive implicate in questa complessa attività.
Dimmi come studi e ti dirò chi sei: i diversi approcci allo studio di un testo.
Durante l’attività di studio è possibile che l’assenza di riferimenti e collegamenti, le caratteristiche formali e sostanziali in cui sono espressi i contenuti rendano i testi di studio estremamente difficili da comprendere (Pressley, Yokoi, Van Meter, Van Etten e Freebern, 1997). Questo può indurre lo studente, di fronte a concetti che non riesce a capire, a limitarsi ad usare strategie di memorizzazione, indebolendo con ciò la propria pratica di studio. A parte i casi in cui è evidente essere la natura del testo alla base delle difficoltà di studio, gli stessi Pressley et al. (1997) affermano che la maggior parte delle ricerche si sono focalizzate sulle abilità dello studente e sul suo metodo di studio.
Biggs (1997) ha identificato tre diverse tipologie di approccio allo studio di un testo: superficiale, profondo e strategico.
- Lo studente utilizza un approccio di tipo superficiale allo studio quando tende semplicemente a memorizzare e riprodurre il materiale ed è principalmente motivato dalla paura dell’insuccesso.
- Può utilizzare invece un approccio profondo, quando è spinto da un reale interesse ad acquisire nuove conoscenze ed è impegnato in uno sforzo di approfondimento dei contenuti.
- Infine, uno studente può utilizzare un approccio strategico verso l’apprendimento quando mira a perseguire il successo, scegliendo o l’uno o l’altro dei due approcci in funzione dello specifico contesto.
L’adozione di uno stile di apprendimento piuttosto che un altro può incidere sulla qualità dello studio e sembra influenzare il successo accademico. In una ricerca, Tynjala, Salminen, Sutela, Nuutinen e Pitkanen (2003) hanno studiato la relazione esistente tra approccio allo studio e successo accademico attraverso un questionario autovalutativo presentato in Internet e compilato dai 3572 studenti della Lappeenranta University of Technology (Finlandia), da cui è stato alla fine estratto un campione rappresentativo di 645 soggetti. I risultati emersi hanno portato alla conclusione per cui l’utilizzo di una strategia di apprendimento “profonda” è il miglior indice di predizione del successo. Al contrario, l’utilizzo di una strategia di tipo “superficiale”, una certa sfiducia nei confronti delle proprie abilità e assenza di autoregolazione correlano negativamente con alti livelli di rendimento accademico.
A partire dalla distinzione proposta da Biggs (1997), Makinen e Olkinuora (2000) hanno messo in relazione il tipo di approccio allo studio, variabili motivazionali e probabilità di abbandono: lo studente universitario che elabora i contenuti in maniera superficiale ed è particolarmente ansioso, ma anche chi si limita a studiare in profondità senza porsi obiettivi chiari e con poca organizzazione dell’attività di studio si espone maggiormente a rischio di abbandono. Al contrario, gli studenti che uniscono ad uno stile profondo la sistematicità e si pongono come obiettivo principale l’apprendimento, piuttosto che ottenere buoni voti, sono coloro che hanno maggiori probabilità di concludere il corso di studi. Una forte valenza degli obiettivi professionali o di quelli sociali e quindi una forte motivazione allo studio rendono poco probabile l’abbandono anche in presenza di uno stile superficiale.