Crisi post-partum
Buongiorno, mi chiamo Giada e stamane dopo l’ennesimo accaduto ho deciso di trovare aiuto, o almeno di cercare di capire se ne ho bisogno davvero o se io, per mia natura, enfatizzo ogni situazione. Dunque, non so da dove cominciare, non è nemmeno qualcosa che si può sintetizzare troppo, visto che affonda le sue radici nel 2008, l’anno in cui mi sono sposata.
Proverò a sintetizzare subito la cosa dando un nome al mio problema per poi partire da lì: ho 2 splendidi bambini, di 3 anni l’uno e 9 mesi l’altra, e da un pò di tempo sto cercando di capire il perché del mio comportamento a tratti aggressivo e poco materno nei confronti del mio primo bambino.
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Premetto che è un bambino adorabile, non lo dico perché sono sua madre, ma perché è davvero così, è affettuoso, per nulla aggressivo o maleducato, nemmeno nei confronti della sua sorellina, per cui apparentemente non ho un motivo reale per avercela così con lui, se non la stanchezza accumulata in 3 anni, dovuta ai bambini di cui mi occupo da sola quasi del tutto. Dunque… dicevo che col mio matrimonio paradossalmente è finita la mia felicità, da lì è subentrata tutta una serie di cose che hanno scatenato in me delusione e frustrazione. Mi sono sposata che ero incinta, perciò felicissima perché convinta di coronare il sogno di qualsiasi donna ma improvvisamente mi sono ritrovata nel buio. Da lì in poi ho capito tante cose, nel frattempo col pancione ho traslocato nella città di mio marito, e lui talvolta ha mostrato segni di stizzimento quando mia madre giustamente veniva a darmi una mano nella sistemazione della nuova casa, insomma, tra loro 2 non sempre c’è stato buon sangue, ma io credevo che un marito che amasse veramente sua moglie fosse capace di superare le divergenze per amore di essa e del suo figlio che ha in grembo. Conclusione, ho sempre sbrigato tutto da sola, per evitare discussioni.
Poi è arrivato il bimbo, oggetto conteso tra nonni, ma non per voler mio, ma per il naturale andamento delle cose, i miei genitori pensionati venivano a trovarmi più spesso dei suoceri che invece lavorano ancora; e questo faceva infuriare mio marito; anche questa cosa mi ha causato stress perché quasi io dovevo esser quella che doveva uscire di casa per portare il bimbo a visitare i nonni, assurdo. E da lì è cominciato in me a crescere il seme del rancore e della delusione, perché ogni donna ha diritto ad un post parto tranquillo e sereno e mio marito non è stato capace di farlo, almeno soltanto per amore del figlio, perché io penso che se una mamma è serena lo sono anche i suoi figli. A maggior ragione io che da allora non ho più lavorato per crescere i miei figli e dunque io sola provvedo in qualche maniera alla aloro educazione. Non sono mai stata una mamma troppo docile, ho sempre cercato di educare il mio bimbo con l’abitudine del rispetto di certe regole base per un bimbo di quell’età, cioè l’ora del sonnellino, dei pasti, lavare i denti, ed ora con la nascita della mia seconda bimba il tempo da dedicare a lui e ai nostri giochi è davvero poco. Sono sola tutto il giorno e devo badare a tutto, e non sono la tipa che lascia il letto sfatto o la cucina sporca per giocare 5 minuti in più con i miei figli, questo lo so, e so anche di sbagliare tante volte. E quindi ora più che mai il mio primo bimbo non fa che cercare il padre, lui che quando torna dal lavoro lo fa giocare, per cui il bimbo lo associa lal suo divertimento, mentre io sono la regola. E questo a volte è frustrante, anche se lo capisco ma delle volte vorrei che fosse il contrario. Mio marito, per sua natura è poco avvezzo alle regole, e quindi molto poco autoritario, retaggio di una famiglia molto poco famiglia ma più un gioco (sua mamma lo ha avuto a 16anni) mentre io son cresciuta con delle regole da rispettare e forse per questo sono più dispotica e meno incline al gioco con i miei figli. Fatto sta che mio marito non aiuta il mio compito, perché ogni volta che io sgrido il bimbo lui è lì pronto a d accoglierlo con voce calma e tranquilla, sminuendo e mettendo in cattiva luce la mia figura; io il cattivo genitore, lui quello buono. Inoltre io e lui non siamo nemmeno in grado di scambiare 2 parole a tavola che il bambino subito si mette ad urlare e a parlarci sopra per impedire la conversazione perché chiaramente geloso del padre, non di me. Il bambino non è geloso nei miei confronti, quando ho in braccio la sorella lui non sembra mostrare gelosia, anzi, si avvicina, ci accarezza. Se a farlo è il padre invece, cominciano urli e schiaffi. Insomma, ho capito che tutta questa serie di comportamenti me lo ha reso insopportabile, quasi gelosa io nei suoi confronti, mi ha messa in competizione con suo padre, con cui da tempo non riesco nemmeno ad avere un colloquio verbale. In più il fatto del poco dormire a causa della bimba piccola, mi stanno mettendo sottopressione, e talvolta mi trovo a maledire il giorno in cui mi sono sposata e di conseguenza il giorno in cui è nato il bambino, momento da cui è iniziata la mia vita con mio marito, che in certi momenti mi sta opprimendo.Vorrei delle volte tornare a casa mia, avere attenzioni per me, poter parlare, mio marito non so se è capace di ascoltare certe mie problematiche, io lo definisco un cinico, ma non per colpa sua, lui è stato cresciuto da una bambina che poi è rimasta tale, una donna che vede tutto come il paese dei balocchi e lui per forza di cose è diventato così, per cui esporgli certi miei problemi non lo ritengo azzeccato. Io delle volte mi accorgo di avere risentimento per mio figlio, stamattina dopo l’ennesima mattina che mi sveglia presto l’ho strattonato in malo modo giù dal lettino lasciandogli dei segni sul collo e allora lì ho realizzato che in me qualcosa davvero non va, non è più solo frutto di una mia spasmodica ricerca di qualcosa che non va, come dice mio marito; credo di essere stanca, in tutti i sensi, nel fisico e nella mente, e stanca di un certo vuoto di emozioni che non riesco a esprimere da tempo a mio marito, persino nei suoi confronti, tante volte penso di non esserne nemmeno più innamorata. Ma ciò che mi preoccupa maggiormente è la crescita di mio figlio, ho paura che gli sto facendo un danno, non ha, è evidente, una mamma serena al suo fianco, e come può una mamma infelice educare sani ed equilibrati i propri figli?
Non so più cosa fare. Mi scuso se sono stata prolissa nell’esposizione ma non ho saputo fare di meglio.Vi ringrazio per l’attenzione e qualora vogliate rispondermi, ne ho bisogno. Grazie.
Risponde il Dott. Jacopo Campidori
Cara Giada,
Ho letto con attenzione la sua lettera, notando il profondo senso di malessere che sta vivendo. Comprendo molto bene la sua situazione, la stanchezza fisica e psicologica che si è accumulata in questi tre anni e che la spingono a reazioni che preferirebbe non avere, a pensieri che preferirebbe non fare, ad azioni che non riconosce come proprie e che poi le gettano in un profondo senso di colpa.
Nella la sua lettera ha esposto un quadro abbastanza chiaro di problematiche di coppia e di gestione familiare che purtroppo difficilmente può risolvere da sola, chiedendo un parere in merito alla necessità di un intervento psicologico. Se vuole una risposta schietta, le rispondo che trovo assolutamente sensata la sua richiesta, dal momento che penso che lei si trovi attualmente in bilico su una crisi che, se non viene affrontata tempestivamente, potrebbe sfociare in conseguenze ben più gravi (depressione, esaurimento nervoso). Penso che il bisogno di aiuto che lei cerca sia legittimo, anche nel caso che lei stesse solo “enfatizzando ogni situazione”. Quello che deve comprendere è che non è importante se la situazione è effettivamente pericolosa o se la sua è solamente una “spasmodica ricerca di qualcosa che non va”: quello che è importante, che va tenuto in considerazione, è il suo vissuto personale, è che lei in questo momento si trova in una stato di necessità, uno stato in cui ha assolutamente bisongo di qualcuno che possa indicarle una strada, che possa aiutarla a trovare una via per muoversi in questa situazione. Non le sto dicendo che in lei c’è qualcosa di sbagliato, che lei è malata, ma solamente che se la situazione è diventata insostenibile, se pensa che tutto le stia sfuggendo di mano, l’idea di rivolgersi ad uno psicologo in un momento di crisi andrebbe preso in seria considerazione.
Purtroppo non posso aiutarla granchè tramite una mail, posso solo suggerirle di rivolgersi ad un esperto (ad esempio uno psicologo) che possa tenderle quella mano di cui in questo momento ha bisogno, e che le permetta di far luce su alcune questioni che non riesce a risolvere da sola, che la permetta di rientrare in carreggiata e proseguire sulle sue proprie gambe.
In linea di massima, mi sentirei di suggerirle due alternative: decidere di affrontare un percorso di coppia (terapia di coppia, familiare) che vi permetta di risolvere alcune dinamiche in atto fra di voi, oppure affrontare un percorso individuale che le permetta di far chiarezza in alcuni suoi propri vissuti, sentimenti, stati d’animo, che non riesce o non vuole affrontare, o che trova particolarmente ostici.
Deve capire che per rivolgersi ad un aiuto specialstico non bisogna essere dei casi clinici, uno stato di malessere emotivo e psicologico (ad esempio la perdita di una persona cara) può essere più che sufficiente: se ne sente la necessità, allora non si tiri indietro, non aspetti che la crisi che sta provando diventi ingestibile, non aspetti di esplodere in maniera irreparabile, e si rivolga ad uno psicologo, che la possa aiutare, anche solamente dandole uno spazio per potersi aprire su alcune tematiche che in famiglia non riesce ad esporre, uno spazio in cui si possa sentire a suo agio per esporre i suoi dubbi, uno spazio a lei dedicato dove un esperto possa ascoltarla ed aiutarla a trovare la migliore soluzione per lei.
Nella speranza di esserle stato d’aiuto,
Le porgo i miei più cordiali saluti,
Dott. Jacopo Campidori, Psicologo.
Jacopo Campidori, Psicologo e Psicoterapeuta di orientamento Cognitivo-Costruttivista. E’ nato nel 1978 a Firenze, dove attualmente vive e lavora. Direttore della rivista on-line di Psicologia “GliPsicologi.info“. Pratica la libera professione (terapia individuale con adulti, adolescenti e di coppia) presso il suo studio a Firenze.
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