Lutto e perdita
Salve a tutti mi chiamo Anna, ho 29 anni, e ho assistito alla morte del mio ragazzo. Stavo dormendo con lui fino a quando non ho sentito dei lamenti chè mi hanno svegliata, sono corsa ad accendere la luce e l’ho trovato che stava morendo, ho chiamato i soccorsi ma non è servito a niente perchè causa infarto gli era scoppiato il cuore. Vi stò scrivendo perchè da quando è successo il fatto non riesco piu a mettere piede in quella casa lì, a meno chè non sono accompagnata da qualcuno, ma quello chè mi turba di piu è chè sono passata da andare due volte al giorno al cimitero a non riuscire piu ad andarci. Non capisco cosa mi sia successo, ormai sono passati sette mesi dalla sua morte, non riesco a darmi una spiegazione: come mai prima andavo e adesso questo rifiuto di andare al cimitero e in casa mia?
Risponde il Dr. Jacopo Campidori, Psicologo
Cara Anna, quello che sta attraversando è il forte dolore legato alla perdita di una persona cara, il lutto per una persona molto vicina che se n’è andata in maniera improvvisa, senza neppure darle il tempo di capire cosa stava accadendo e farsene una ragione, come può succedere di fronte ad una lunga malattia.
Nel suo caso una persona importante se ne è andata improvvisamente, in maniera brusca, dolorosa, lasciandole un enorme vuoto dentro, che ancora fatica a colmare.
Lei mi dice che sono passati sette mesi dal momento della morte del suo fidanzato, e ancora il dolore tarda a placarsi. Purtroppo non esiste una durata minima per un lutto, accettare la morte di una persona cara è un percorso molto soggettivo, in cui ogni persona trova il proprio modo di reagire, arrabbiandosi, piangendo, disperandosi, chiudendosi a riccio in un silenzio profondo, per un tempo variabile, che non può essere deciso a priori.
Nel suo caso evidentemente sette mesi non sono stati sufficenti ad elaborare questa perdita, sette mesi non sono bastati, proprio perchè lei ha i suoi tempi, ed è importante che tali tempi vengano rispettati.
Si dice che un lutto duri in media un anno, tredici mesi per la precisione, dal momento che dopo dodici si rivive l’anniversario della morte, ed è facile che la ferita si riapra. Ma ogni individuo è diverso, ogni individuo ha bisogno di dare una forma e un senso alla morte, e per farlo è necessario tutto il tempo possibile.
Lei si domanda come mai non riesce più ad andare al cimitero o nella casa dove viveva col suo fidanzato? Evidentemente questi luoghi le risvegliano ricordi, ricordi che le danno troppa tristezza, ricordi che la fanno soffrire, ricordi che preferisce tenere a bada, per sopravvivere, per non soffrire ulteriormente.
So che può sembrare impossibile in certi momenti, ma ascolti il suo dolore, perchè è naturale provarlo, e non se ne vergogni, non se ne faccia una colpa, non lo nasconda: il suo dolore è quanto di più umano possa esistere.
Non si forzi per andare in questi luoghi, rispetti i suoi sentimenti, il suo dolore, rispetti i suoi tempi e i suoi bisogni. Prima o poi riuscirà a recarsi nuovamente al cimitero, ha bisogno solamente di un po’ più di tempo per elaborare il suo dolore. Quando ci sarà riuscita vedrà che le verrà naturale fare cose che adesso le sembrano impossibili.
Nella speranza di esserle stato di aiuto
le porgo cordiali saluti
Dr. Jacopo Campidori, Psicologo
Jacopo Campidori, Psicologo e Psicoterapeuta di orientamento Cognitivo-Costruttivista. E’ nato nel 1978 a Firenze, dove attualmente vive e lavora. Direttore della rivista on-line di Psicologia “GliPsicologi.info“. Pratica la libera professione (terapia individuale con adulti, adolescenti e di coppia) presso il suo studio a Firenze.
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Ci vuole tempo per poter elaborare un lutto, ma anche un luogo, interno ed esterno. Nel passato c’era un tempo per elaborare una perdita, durante il quale ci si “vestiva a lutto”, e una comunità stretta attorno al “sopravvissuto”.
Non so se è il suo caso, ma in generale ad oggi le persone in lutto che incontro lamentano il fatto che si sentono sole, che non hanno nessuno intorno, che in pochi rimangono dopo il giorno del funerale, pochissimi sono quelli disposti a stare accanto al dolore.
Mi chiedo se ha una comunità vicina intorno, amici o familiari con i quali può eprimere il suo dolore, dargli voce, poichè l’elaborazione passa anche attraverso la narrazione di quello che è successo, del passato, della relazione con la persona defunta.
Un difficile cammino, un doloroso percorso che può fare con una persona cara, con uno specialista, o con un gruppo di auto-mutuo-aiuto.
Cordialmente,
Dr.ssa Cialdi