La plasticità neurale

Equipotenzialità o specializzazione emisferica?
A cura della Dott.ssa Fortunata Gargano

Il principio ispiratore della plasticità illimitata, dedotto da esperimenti condotti su animali, è stato per anni quello di Kennard. In particolare una lesione provocata nelle aree motorie e premotorie della corteccia cerebrale di scimmie giovani produceva deficit irrilevanti rispetto a lesioni analoghe prodotte in scimmie adulte.

L’ipotesi della plasticità senza limiti coincide con la teoria dell’equipotenzialità emisferica enunciata nel 1967 da Lennenberg . Secondo questa teoria gli emisferi sono equipotenziali alla nascita e la specializzazione emisferica si sviluppa gradualmente nel tempo, sotto il duplice impulso dello sviluppo anatomo-funzionale del cervello e della stimolazione ambientale. Il risultato finale è un assetto funzionale emisferico asimmetrico come quello degli adulti. Secondo questa teoria, quindi, una lesione emisferica, sia essa congenita o acquisita precocemente, può essere completamente recuperata dalle aree non lese all’interno dell’emisfero leso o dall’emisfero sano. Inoltre questa plasticità perderebbe di potenza via via che si procede verso un funzionamento cognitivo adulto. Con il procedere della specializzazione emisferica, la plasticità cerebrale si ridurrebbe progressivamente rendendo impossibile un recupero completo.

In contrasto con queste osservazioni, però, numerosi autori hanno mostrato come, nonostante i bambini con lesione cerebrale focale precoce mostrino una evoluzione cognitiva clinicamente normale, alcuni lievi deficit linguistici o visuo-spaziali possano essere evidenziati mediante l’utilizzo di strumenti neuropsicologici raffinati.

In contrapposizione alla teoria dell’equipotenzialità si è andata via via affermando la teoria dell’anti-equipotenzialità .
Kinsbourne  nel  1988 sosteneva che gli emisferi cerebrali possiedono, già alla nascita, un certo grado di specializzazione emisferica e che sono sede di un programma genetico biologico che li differenzia. Questo significa che una funzione può essere processata, nei suoi aspetti più raffinati, solo dal suo emisfero e, in caso di lesione solo gli aspetti elementari, ma non gli aspetti più sofisticati, possono essere vicariati dall’emisfero sano. Anche le lesioni prenatali o connatali non sarebbero, quindi, del tutto recuperabili.

Conferme a questa teoria provengono da studi anatomici e neurofisiologici:

  • maggiore sviluppo del planum temporale di sinistra già dalla 30° settimana di gestazione e in neonati di poche settimane;
  • prevalenza orecchio destro/emisfero sinistro in prove di ascolto dicotico già nei primi giorni di vita;

L’esame autoptico di 100 cervelli umani, ha dimostrato che il planum temporale è più sviluppato a sinistra in 65 casi, 11 presentavano una maggior ampiezza a destra. Il rilievo dell’asimmetria in vivo si osserva attraverso lo studio radiologico della scissura silviana.

Negli anni non sono mancate ricerche che hanno confermato sia la teoria dell’equipotenzialità che quella della specializzazione emisferica precoce.

A sostegno della teoria dell’equipotenzialità possono essere ricordati gli studi di Woods e Teuber del 1973, in cui asseriscono che bambini con lesioni a carico di un emisfero evolvono cognitivamente allo stesso modo di bambini con lesioni controlaterali, purché la lesione sia precoce. Anche lo studio di Hecaen si pone sulla stessa linea,  affermando che il recupero è completo se la lesione cerebrale avviene prima dei 5 anni di vita. Oppure Woods e Carey, che nel 1978 sottolineano come bambini con lesioni precoci a carico dell’emisfero sinistro non presentino deficit linguistici, mentre è possibile evidenziare tali deficit in caso di lesioni insorte tardivamente.

A sostegno della teoria della specializzazione emisferica si possono citare, in particolare, i lavori di Vargha-Khadem e colleghi  degli anni ottanta, i quali hanno riportato deficit linguistici in tutti i soggetti con lesione cerebrale sinistra, sia  connatale sia acquisita, da loro esaminati.

In realtà i risultati degli studi a sostegno della teoria della specializzazione emisferica precoce appaiono spesso contraddittori tra loro.
Molti autori sono giunti a rivalutare l’ipotesi della equipotenzialità e l’atteggiamento oggi prevalente è quello di ritenere che né la teoria della specializzazione precoce, né la teoria della equipotenzialità appaiono di grande aiuto se considerate come un assunto assoluto ma, piuttosto, si tende a ritenere che l’equipotenzialità e la specializzazione precoce siano gli estremi di un continuum.

Secondo questo punto di vista una lesione emisferica sinistra, ad esempio, può provocare un iniziale ritardo nelle fasi più precoci dello sviluppo del linguaggio; successivamente, la plasticità cerebrale potrà permettere ad altre aree cerebrali di mediare funzioni linguistiche proprie delle aree danneggiate.

Molti dei lavori presenti in letteratura sugli effetti determinati da lesioni cerebrali focali acquisite precocemente sullo sviluppo cognitivo affrontano specificatamente le caratteristiche del linguaggio. Molti dei risultati riportati sono però spesso tra loro contraddittori. Infatti, mentre alcuni studi non documentano alcun deficit nel processamento del linguaggio, altri evidenziano difficoltà più o meno persistenti nel tempo . E’ importante notare come tali deficit, qualora presenti, non sembrano corrispondere a quanto osservabile in adulti con lesioni in territori cerebrali simili: ancora una volta, gli effetti provocati da una lesione cerebrale sono diversi a seconda dell’età in cui questa si verifica. In particolare, alcuni autori segnalano come bambini con lesione emisferica precoce destra possano presentare difficoltà in comprensione lessicale, mentre bambini con lesione delle aree corticali posteriori dell’emisfero sinistro presentano spesso un deficit in produzione lessicale. Inoltre, tali deficit sono più evidenti in età precoci e divengono via via, nel corso dello sviluppo, meno evidenti.

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