La casa delle bambine che non mangiano
La casa delle bambine che non mangiano
Identità e nuovi disturbi del comportamento alimentare
Di Laura Dalla Ragione
a cura del Dr. Jacopo Campidori
“L’anima ha bisogno di un luogo”, Plotino.
Nella casa delle bambine che non mangiano, ogni giorno, decine di bambine, adolescenti, donne, cercano di ritrovare quel corpo perduto a cui permettere di ricongiungersi con la propria anima. “Ragazze molto giovani, a volte bambine” che grazie all’aiuto di figure professionali ben preparate, grazie all’aiuto di cure psicologiche, grazie all’aiuto di programmi ben studiati, lottano ogni giorno per ritrovare quella pace perduta, quel rapporto col proprio corpo temuto e negato, quel senso di sè frantumatosi o mai pienamente riconosciuto.
Il libro si divide in due parti. Una prima parte in cui viene descritta la Residenza “Palazzo Francisci” di Todi, la prima struttura pubblica italiana, residenziale ed extraospedaliera, dedicata al trattamento alimentare in età pediatrica ed evolutiva. Nella seconda parte vengono messi in luce gli aspetti dei disturbi del comportamento alimentare (DCA), l’evoluzione e le nuove forme emerse negli ultimi anni.
E’ un testo affascinante, che fa riflettere, che fa pensare, che fa paura, un testo che mostra una realtà spesso sconosciuta, se non come un’immagine che dà fastidio, un’immagine prepotente e dolorosa, un’immagine da nascondere, chiudendo gli occhi, non guardando, tappandosi le orecchie, girandosi dall’altra parte, un’immagine che dà sgomento, come testimoniano gli scatti di Oliviero Toscano alla modella Isabelle Caro, anoressica, morta il 17 novembre del 2010.
Una realtà che c’è, una realtà che cresce, una realtà che appare come un urlo del deserto, come il gridare afono di una bambina disperata, sola, un urlare sordo senza nessuno attorno che riesca a sentirlo.
Il disturbo alimentare, un messaggio nella bottiglia scritto sul proprio corpo da migliaia di giovani donne, donne angosciate, distrutte, in mille pezzi, donne incapaci di raccontare il proprio disagio, il proprio dolore, se non “tatuando” sulla propria pelle quell’urlo muto, distruggendo il proprio corpo, come monito, come s.o.s, come richiesta d’aiuto.
“E’ come se questo tipo di pazienti mancasse, per così dire, di una ‘pelle emotiva protettiva’, per cui il movimento e il contatto più lieve possono essere causa di sofferenza. E’ questa vulnerabilità che spinge queste pazienti a comportamenti autolesivi, eclatanti, nel tentativo di sollecitare le attenzioni da parte di chi sta intorno, nel tentativo della paziente di trovare una conferma esterna, validante al proprio mondo interno”.
Nelle Residenza “Pallazzo Francisci” di Todi, queste anime senza un corpo, cercano la salvezza, a volte spinte dai familiari, a volte di propria iniziativa, come un’ultima spiaggia.
Grazie all’aiuto di un personale qualificato, vengono aiutate a ritrovare quel rapporto sano col cibo, col proprio corpo, con la propria mente, grazie ad un sostegno psicologico costante, grazie a controlli alimentari, grazie ad un rapporto umano, sincero, genuino, fatto di affetto ed attenzioni.
Il testo descrive il programma che le ragazze devono seguire, dal momento della sveglia, al momento di andare a dormire, in un percorso comunitario della durata di alcuni mesi, un programma delineato giorno per giorno, per tutta la settimana.
Pasti assistiti, in cui non si può parlare di cibo, in cui si lotta per abbandonare ogni rituale, per contenere i comportamenti patologici. Terapie individuali, di gruppo, familiari, visite psichiatriche, col nutrizionista, massaggi, fisioterapia, momenti personali, con lo specchio, con la scrittura al proprio corpo e alla propria malattia.
“Caro corpo, lo vedi come sei? Non ti sopporto, ti vedo gonfio, la pancia grassa ed enorme, scommetto che non vedi l’ora di accumulare tutto il cibo che ti sto concedendo qui, e magari tutto nella pancia che già ritengo grossa. Scusami, ma che sto dicendo? Sono una persona malata, e non mi rendo conto di quanto ti offende che parli in questo modo. Mi dispiace trattarti così. Ma devi capire che sono soltanto momenti di sfogo dettati dalla malattia. Ti prometto che queste brutte sensazioni non mi distoglieranno dal mio obiettivo: ricostruire il mio rapporto con te e darti tutto il necessario per vivere e fare le cose normali, da persone normali e non scheletriche, come questa che sta nella mia testa. Perdonami.” (Lettera di Raffaella, 15 anni, al suo corpo).
Ogni ora del giorno è cadenzata da attività diverse, nel tentativo di ricreare quell’identità perduta, nel tentativo di creare un’argine a quella “falla dell’identità”, nel tentativo di aiutare queste anime urlanti come fantasmi in corpi diafani.
E’ questa realtà che ci viene mostrata ne “La casa delle bambine che non mangiano”, un testo importante, che permette di comprendere una realtà sempre più diffusa, che permette di farsi un’idea delle cure e delle fatiche a cui si sottopongono queste “bambine”, che permette di conoscere la struttura di “Palazzi Francisci”, un porto sicuro in cui approdare per ritrovare quel mondo sano per troppo tempo perduto.
Laura Dalla Ragione
La casa delle bambine che non mangiano
Identità e nuovi disturbi del comportamento alimentare
Editore: Il pensiero Scientifico
[ISBN-88-490-0138-X]
Pagg. XLII, 158 – € 16,00