Lo shopping compulsivo

shoppingLo shopping compulsivo
A cura del Dr. Jacopo Campidori

 

Ilaria ha 64 anni, un marito con cui ha poco dialogo, e un figlio ormai grande. A volte Ilaria avverte, alla bocca dello stomaco, una sensazione di fastidio,  un vuoto che sembra risucchiarla e toglierle l’aria. In questi momenti può capitare di vederla uscire di casa trafelata, per vederla poi tornare con decine di buste cariche di ogni prodotto. Può anche capitare che se ne resti tranquillamente in casa, e che decida di ordinare online tutti quei prodotti  di cui sente di aver assolutamente bisogno (ma che in realtà sono assolutamente inutili), e che sembrano l’unico modo per placare quel senso di infelicità che si porta dentro, quel vuoto interiore che sembra poterla schiacciare da un momento all’altro. Ilaria fino a poco fa non era in grado di ammetterlo, nonostante arrivasse a spendere più di 2000 euro al mese, e si arrabbiava se glielo si faceva notare. Ma Ilaria soffre di un disturbo particolare: è shopping compulsiva.

La compulsione allo shopping è un disturbo caratterizzato dall’incapacità a resistere ad un desiderio improvviso, ad un irrefrenabile impulso a comprare un oggetto, per il bisogno di placare una tensione interna, estinguibile solamente allentando le resistenze e cedendo all’impulso stesso.

Le persone in questione non sono in grado di resistere al bisogno di acquistare neppure di fronte alla consapevolezza che questo comportamento rappresenta un problema a livello finanziario, sociale, e psicologico. Questi soggetti si differenziano dai classici “spendaccioni”, dalle persone “con le mani bucate”, dal momento che questo comportamento rappresenta una vera e propria compulsione, ovvero un comportamento ripetitivo, un atto che non si può fare a meno di compiere, eseguito con lo scopo di ridurre un’ansia o un disagio, e non con lo scopo di fornire una gratificazione.

Il disturbo fu inizialmente descritto da Kraepelin nel 1915 come una mania (mania di comprare), ma a tutt’oggi la sua classificazione tra i disturbi è alquanto controversa. La diatriba riguarda essenzialmente la categoria a cui assegnare questo disturbo, se fra le dipendenze, o se piuttosto sia un’aspetto di altre patologie, quali la depressione, il disturbo ossessivo compulsivo, il disturbo del controllo degli impulsi.

Secondo McElroy e colleghi (1994), tale disturbo è in grado di generare un set di emozioni totalmente in contrasto fra di loro, dal sollievo e piacere (caratteristiche di tipo egosintonico) indotti dall’acquisto, allo stress, ai sensi di colpa e alle sensazioni negative (caratteristiche di tipo egodistonico) legate all’incapacità di fermare e abolire tale impulso. Per tali caratteristiche, simili a quelle rintracciate nei soggetti ossessivo – compulsivi, lo shopping compulsivo può essere fatto rientrare nella categoria dei disturbi Ossessivi Compulsivi.

shopping3Da un’altro punto di vista il disturbo può essere visto come reazione ad uno stato depressivo, indicando quindi l’impulso all’acquisto sfrenato come una caratteristica del disturbo clinico depressivo. E’ stato infatti riportato spesso in letteratura come la tendenza a comprare in maniera compulsiva aumenti durante gli stati d’animo negativi, come la tristezza, la frustazione. In particolare, sempre secondo la ricerca riportata dalla McElroy, la tendenza all’acquisto compulsivo non si manifesterebbe durante gli episodi più gravi o maniacali della depressione. Questa idea è sostenuta inoltre dal fatto che gli oggetti acquistati sono spesso inutili dal punto di vista utilitario, al punto che vengono spesso regalati o accantonati, a sottolineare il fatto che servono quasi esclusivamente a riempire un senso di vuoto e una mancanza di autostima da parte del soggetto. E’ stato inoltre sperimentato che in soggetti affetti da shopping-compulsivo, se trattati con antidepressivi, si assisteva ad una remissione, parziale o completa, dei sintomi tipici del disturbo.

Lo shopping compulsivo può anche essere visto come una forma di dipendenza, dal momento che possiede con questa molte caratteristiche in comune: la tolleranza, per cui i soggetti tendono ad incrementare il tempo e il denaro speso nell’acquisto; l’incapacità a controllare l’impulso di mettere il comportamento in atto; la depressione che segue alla consapevolezza di andare incontro a conseguenze negative; il piacere immediato dato dall’acquisto, che riduce le tensioni e funziona come rinforzo per il successivo impulso, gettando il soggetto all’interno di un circolo vizioso da cui non è in grado di uscirne senza aiuti esterni.

corsa-ai-saldi3A livello biologico, si ipotizza che il disturbo da shopping compulsivo sia causato da un malfunzionamento dell’attività serotoninergica. Disturbi legati ad alterata produzione o ricaptazione della serotonina determinano infatti, tra le altre cose, un cattivo controllo degli impulsi, come nel caso dei tossicodipendenti, i quali sono costretti a soddisfare i propri bisogni divenuti irresistibili.

A conferma di quanto detto finora, in un articolo di John E. Grant (2003) vengono riportati i risultati ottenuti su tre pazienti shopping-compulsivi trattati con Naltrexone. L’azione principale del Naltrexone nel Sistema Nervoso Centrale e di antagonista degli oppioidi, nel senso che la sostanza si lega agli stessi siti recettoriali al quale si legano gli oppiaciei per agire. Quando il naltrexone si lega a questi siti, gli oppiacei non sono in grado di legarsi a loro volta, e pertanto non sono in grado di attivarsi. Nell’articolo appea menzionato viene mostrato come pazienti trattati con alte dosi di naltrexone vadano incontro ad una remissione dell’impulso d’acquistare, sottolineando ancora come il disturbo possa essere considerato una dipendenza.

Lo shopping può essere considerato un disturbo quando si verificano le seguenti condizioni:

  • Il denaro utilizzato nello shopping supera le proprie possibilità economiche;
  • Lo shopping si ripete più volte la settimana;
  • Il comprare perde la propria valenza, e diventa un mero comportamento fine a sè stesso: in questo caso non c’è differenza in ciò che si compra, qualsiasi cosa vale per spengere la tensione interna all’acquisto;
  • Il mancato acquisto crea ansia e frustrazione, in quanto risponde ad un bisogno che non può essere soddisfatto;
  • La predisposizione agli acquisti è una situazione del tutto nuova rispetto alle precedenti abitudini del soggetto.

Un aspetto ulteriore, da tenere in considerazione, evidenziato da Lane Benson in un libro intitolato “I shop, therefore I am” (Compro, dunque sono), è la società che non pare prendere in seria considerazione il compratore sfrenato, ma al contrario sembra apparire alquanto accondiscendente verso questa categoria. E’ come se il compratore compulsivo si sentisse legittimato da questa a continuare sulla propria sdrada, al contrario di quanto avverrebbe per altre categorie di disturbi compulsivi o per tossicodipendenti costretti quotidianamente a scontrarsi con il diniego dela società.

In queste situazioni, la cosa migliore da fare, è cominciare un percorso psicoterapeutico che punti a risolvere questi problemi che, oltre ad essere invalidanti per il paziente, possono avere una ricaduta anche su tutte le persone che si trovano a vivere accanto alla persona che ne soffre.

Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la lettura di questi due libri a mio parere molto interessanti:

1) Le dipendenze senza droghe. Lo shopping compulsivo, Internet e il gioco d’azzardo

2) Le nuove dipendenze. Gioco, cibo, internet, sesso, shopping…


dr.campidoriJacopo Campidori, Psicologo e Psicoterapeuta di orientamento Cognitivo-Costruttivista. E’ nato nel 1978 a Firenze, dove attualmente vive e lavora. Direttore della rivista on-line di Psicologia “GliPsicologi.info“. Pratica la libera professione (terapia individuale con adulti, adolescenti e di coppia) presso il suo studio a Firenze.

Per appuntamenti o informazioni:
Studio: Firenze, via Cavour 64.
Tel.: 333 – 68 46 701
E-mail: jacopo.campidori@glipsicologi.info

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