Sono una cattiva madre?
Ho un problema con mio figlio, ha quasi 8 anni, e non so più come fare. Fa sempre capricci, non accetta le regole, e quando provo a spiegargliele non mi ascolta neppure. Ogni giorno è una lotta, per mangiare, per andare a dormire, se usciamo, mi porta all’esaurimento fino a che esplodo arrabbiandomi e urlando. Dov’è che sto sbagliando? Sono esausta, e mi sento un tale fallimento. Grazie, Marisa.
Risponde il Dr. Jacopo Campidori, psicologo-psicoterapeuta.
Cara Marisa, mi chiede dove sta sbagliando. Mi creda, vorrei davvero poterle dare una risposta, spiegandole nel dettaglio le istruzioni da seguire per allevare figli perfetti, ubbidienti, educati, ma francamente non saprei come fare, che cosa dirle.
E’ come se lei si fosse recata da un meccanico dicendo che la sua macchina non funziona e chiedendo il modo di farla andare. Il meccanico la guarderebbe con un’alzata di spalle, le cause potrebbero essere migliaia. Sicuramente le domanderebbe cosa c’è che non va, chiedendole più dettagli possibile, pregandola infine di lasciargli l’auto qualche giorno in modo da poterla controllare, trovare il difetto e risolvere il problema.
E’ una metafora che però funziona fino ad un certo punto, perchè gli esseri umani non sono delle macchine. Le macchine infatti posseggono un libretto di istruzioni, sono costruite per svolgere un determinato compito, sappiamo quale dovrebbe essere il loro modo giusto di funzionare, e se troviamo che il filtro è sporco possiamo pulirlo, o se c’è un danno alla centralina possiamo decidere di cambiarla.
Il problema con gli esseri umani, e in questo caso coi bambini, è che non esiste un libretto delle istruzioni che mi dice come deve funzionare un bambino.
Secondo Watson in base ai giusti condizionamenti ricevuti nell’infanzia, era possibile trasformare qualsiasi individuo in qualunque tipo di persona si volesse: “datemi una dozzina di bambini di sana e robusta costituzione e un ambiente organizzato secondo miei specifici principi, vi garantisco che sarò in grado di farne un medico, un avvocato, un artista, un imprenditore, un delinquente”. In realtà le cose non sono così semplici, perchè la vita reale non è l’ambiente organizzato di Watson, ma è un ambiente imprevedibile, in cui ci sono migliaia di variabili che non possono essere controllate, che possono mettere in crisi anche la migliore delle educazioni.
Inoltre ogni bambino è differente, unico a suo modo, e pertanto diventa impossibile pensare di fornire regole per risolvere un problema senza neppure conoscere la storia del bambino in questione, storia che comprende anche la famiglia, l’ambiente in cui vive, gli eventi trascorsi che lo hanno portato ad essere quello che è. Ed anche conoscendo tutti questi dettagli, non sempre è possibile dare delle risposte precise e risolutive.
La realtà è che non esistono regole assolute, regole che se seguite pedissequamente porteranno per forza di cose al risultato voluto, nonostante esistano migliaia di manuali che dicono il contrario, spiegando tutto e il contrario di tutto, come in un’immensa biblioteca di Babele.
Non posso dirle quindi dove sta sbagliando. Perchè non conoscendo la sua storia e quella di suo figlio, parlerei in maniera generica, dando per scontato che ogni bambino è uguale ad un altro, e che ad un certo tipo di problema coincide un errore preciso.
L’unica cosa che posso fare è lasciarla con due consigli. Il primo è di non ricercare regole preconfezionate per educare suo figlio, perchè non esistono. Come sosteneva Bettelheim, “il genitore deve risolvere i problemi via via che gli si presentano, e deve risolverli a modo suo, altrimenti la soluzione non andrà bene nè per il bambino, nè per lui […]. Quand’anche un genitore riuscisse a seguire il consiglio, il suo comportamento diventerebbe artificioso, meccanico.”
Il secondo consiglio è quello di essere sicuri nel proprio ruolo di genitori, cercando di mettere in secondo piano la preoccupazione di sbagliare perchè, sempre citando Bettelheim, “il modo in cui un genitore vive un evento cambia tutto per un bambino, perchè è in base al vissuto del genitore che egli si crea la propria interpretazione del mondo”.
Purtroppo i figli, sono lo specchio di noi stessi, specchio in cui troppo spesso ci fa male guardarci riflessi.